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VANESSA AGOSTINI

Il corpo per parlare di vestiti, i vestiti per parlare di corpo. L’immagine del come si è, mai oggettiva neanche davanti ad uno specchio, di come sono gli altri, di come si potrebbe essere, di come ci vede l’altro.
Secondo Bernard Rudofsky, celebre architetto e autore de “Il Corpo Incompiuto”, la realtà ha plasmato il corpo stesso dell’uomo, incompiuto per natura, con modalità spesso differenti a seconda dell’epoca. Gli abiti giocano un ruolo chiave in questo processo, rielaborando e talvolta negando il corpo, risultando spesso estranei ad esso in modo quasi grottesco. Quest’opera ha ruolo chiave nella messa in discussione di forme e modalità, ispirandomi un processo autonomo di progettazione a partire dal corpo, che non perde mai il suo riferimento al corpo e al quale è destinato.
Ne derivano abiti in cui il corpo è protagonista ma al contempo indefinito e che sottolineano la sua dimensione performativa nella quotidianità. Essi sono anche, letteralmente, il punto di partenza del progetto in quanto forme, silhouette e impressioni vengono ricavate o dal movimento di corpi nudi catturato dalla macchina fotografica o dall’utilizzo di capi preesistenti rielaborati sul corpo. Le fotografie risultanti sono state utilizzate per la definizione delle stampe della collezione, nelle quali il corpo nudo affiora in superficie, convertendo la nudità in pura decorazione, spogliandola di qualsiasi accezione, positiva o negativa, eliminando i secondi fini.
Se da un lato esso è protagonista della mia ricerca e del mio processo creativo, dall’altro sono particolari volumi a renderlo quasi inconsistente dal punto di vista della sua dimensione fisica. Ciò rappresenta il paradosso dell’abito progettato sul corpo e con il corpo che ne nasconde le forme, uguagliando le differenze tra corpi. Ciò avviene in uno spazio privato, quello tra la pelle ed il tessuto e conferisce fondamentale importanza al movimento come interazione.
Il materiale assume una fondamentale carica espressiva strettamente collegata all’esperienza sensoriale del capo ed è parte della progettazione a partire dai suoi primi stadi: questo approccio di tipo materico è influenzato dalle modalità dell’Arte Informale e della produzione artistica di Alberto Burri. Il gesto e la materia divengono metodo di rappresentazione dell’esistenza e dell’improvvisazione ponderata del caso.
Fondamentale, a questo proposito, è la riflessione sulla sostenibilità: le aziende che hanno fornito i tessuti per la collezione rispettano altissimi standard e, allo stesso tempo, i tessuti utilizzati sono recuperi a magazzino. C’è l’intento di far riacquisire dignità al materiale fallato mediante un’attenzione particolare in fase di taglio e confezione e nella scelta delle rifiniture. Zip e bottoni a pressione YKK sono protagonisti di una riflessione sul concetto stesso di accessorio divenendo parte strutturale del capo, utilizzati come materia da plasmare sul corpo o per dare senso a particolari rifiniture e aperture sul capo. Ogni dettaglio è risultato di uno studio ossessivo della tradizione produttiva dell’alta qualità della moda italiana e allo stesso tempo di un approccio simile a quello dell’improvvisazione della musica jazz: gestuale ed istintivo.