“DIANA VREELAND - L’IMPERATRICE DELLA MODA", AUTRICE DEL SUO DESTINO • Camera Nazionale della Moda Italiana

“DIANA VREELAND - L’IMPERATRICE DELLA MODA", AUTRICE DEL SUO DESTINO

Un cavallo da corsa che sfreccia, questa è l’immagine dello stile secondo Diana Vreeland e forse è la metafora che meglio racconta la sua lunga vita a cui è dedicato il documentario “Diana Vreeland, l’imperatrice della moda”. Un’infanzia da brutto anatroccolo, tra poche emozioni familiari, raccoglimento personale, Parigi e qualche episodio epocale, come quell’incoronazione di Giorgio V che le impresse forte il senso della teatralità, poi fece un po’ ciò che da redattrice avrebbe chiesto di fare alle sue modelle: inventarsi qualcosa. Diana Vreeland è diventata un mito perché ha voluto esserlo, convinta sostenitrice dell’idea che ciascuno è autore del proprio destino e il suo destino lo costruì perseguendo il culto dell’originalità e in fondo “la naturalezza è una forma di pigrizia”.

 

Dagli anni ’20 alla fine degli ’80, il film scandisce tutte le fasi della vita e della carriera di Diana: la frenesia dell’età del jazz e di Josèphine Baker, la scoperta della moda a Parigi, i lavori per Harper’s Bazaar, e poi il terremoto giovanile degli anni ’60, quando iniziò a dirigere Vogue e canalizzò tutti i cambiamenti verso le pagine di quella rivista diventata celebre, fino a quando divenne consulente del Costume Institute del Metropolitan Museum.

 

In poco più di un’ora si viene catapultati in un mondo in cui il bikini è l’invenzione più importante dopo la bomba atomica, i jeans l’oggetto più emozionante dopo le gondole, i capelli dei bambini vanno schiariti lavandoli con lo champagne e sopra le loro culle va appeso un mappamondo per scampare il pericolo di un punto di vista provinciale. Proprio questa visione globale è uno dei meriti più grandi di Diana Vreeland che intuì i cambiamenti del mondo e del gusto, trasformando per sempre il concetto di magazine di moda da semplice prontuario per le perfette mogli e madri ad un occhio in viaggio per il mondo e inventò la figura della fashion editor.

 

 

Molti volti si alternano a quello ossuto e dagli zigomi alti di Diana Vreeland e la sua voce rauca si intreccia con quella di collaboratori o protagonisti della moda che hanno vissuto a suo stretto contatto e completano il ritratto personale e lavorativo di questa figura sfuggente: Anjelica Houston, Manolo Blahink, Diane von Furstenberg, e le modelle Veruschka e Penelope Tree.

 

Il film, diretto dallo sguardo appassionato di Lisa Immordino Vreeland (moglie del nipote di Diana), giunge nelle sale cinematografiche italiane dopo essere stato presentato alla 68^ Mostra Internazionale d’arte Cinematografica di Venezia, sarà distribuito dal 6 dicembre da Feltrinelli Real Cinema con il patrocinio della Camera Nazionale della Moda Italiana. Filmati e interviste d’epoca ne fanno un’opera dal linguaggio documentaristico, eppure “Diana vreeland, l’imperatrice della moda” è un vero film, perché nel racconto e nelle stesse parole di Diana c’è sempre quell’artificio che ne era la naturale indole. Questo è il merito più grande del film: assecondare la convinzione che l’idea sia più grande dei fatti, ed ecco servita l’idea Diana Vreeland.

 

Andrea Vigneri