Cervelli alle Sfilate. Angelo Flaccavento - Illustrazione di Anna Higgie • Camera Nazionale della Moda Italiana

Cervelli alle Sfilate. Angelo Flaccavento - Illustrazione di Anna Higgie

Cervelli alle Sfilate. Angelo Flaccavento - Illustrazione di Anna Higgie

Alcuni dei nostri preferiti analisti di stile ci raccontano cosa hanno visto alle ultime sfilate e presentazioni delle collezioni Donna. Ecco il contributo di Angelo Flaccavento, giornalista di moda indipendente. Fa base a Ragusa, nell’estremo sud-est siculo. In continuo movimento, è affiliato a un fitto network di pubblicazioni nazionali e internazionali. Collabora con Il Sole 24 Ore, L’Uomo Vogue, Fantastic Man, The Gentlewoman, Flair, Studio ed è fashion features editor per i semestrali Hunter e Dapper Dan.

La texture è il messaggio, distorcendo McLuhan. Nonostante i prodotti si moltiplichino a ritmi indiavolati e tempo per riflettere su una progettualità progressiva ce ne sia poco, nella moda si può ancora sperimentare. Basta spostare l'attenzione dalla silhouette a quel che essa contiene, o meglio individuare inediti, più propulsivi dialoghi tra forma e materia, scoprendo magari che è quest'ultima a contenere l'innovazione, anche del design, e non viceversa. Lo si è visto all'ultima tornata di sfilate milanesi, invero notevole per la qualità dell'offerta e l'alto livello di elaborazione stilistica. Materia e superficie sono protagoniste delle collezioni migliori. Il disegno dei capi si fa primario, elementare - l'elementarità che è frutto di un editing serrato, ben diversa dal semplicismo di ciò che è basico - mentre le tessiture si accendono, fondono, ispessiscono, impreziosiscono, in una ricerca di opulenza severa che di certo accontenta i big spender dei mercati trainanti, sempre attratti da ciò che esprime il lusso autentico dell'alto artigianato, ma che si sincronizza anche con la nuova austerity, estetica o economica a seconda delle geografie di riferimento. È il trionfo di una sapienza manuale tutta italiana, che spinge il prêt-à-porter in alto vicino alla couture, preservandone un solo carattere e valore: l'eccellenza. La moda italiana, insomma, torna a stupire. Non ultimo, nella scelta di materie incongrue o mescolate secondo criteri in apparenza balzani. Si inventa, distorce, esagera: con metodo ferreo, senza eccessi baracconi. L'atelier diventa laboratorio, teatro di morphing inauditi che mescolano ad libitum neoprene, rasi imbottiti, zip industriali, che fondono jacquard, lavorazioni a crust, scarificazioni, liquefazioni; luogo di processi alchemici come l'agugliatura, capaci di ottenere tessiture uniformi dal crash di consistenze animali, naturali, artificiali. I designer valenti manipolano le superfici alla stregua di astrattisti o artisti cinetici, attenti però sempre a creare silhouette possibili come lo furono i pionieri dell'Italian Style. Il risultato sono collezioni dal disegno intonso e l'energia magnetica, radicate nell'oggi, aliene dalla nostalgia. Chiarezza di visione, nessun compromesso: la nuova moda italiana parte da qui.