Ennio Capasa racconta "Un mondo nuovo" • Camera Nazionale della Moda Italiana

Ennio Capasa racconta "Un mondo nuovo"

Ennio Capasa racconta "Un mondo nuovo"

Nel 1983 il poco più che ventenne Ennio Capasa partiva alla volta del Giappone. Nel 1987 faceva ritorno a Milano e si apprestava a diventare uno dei designer italiani più importanti della sua generazione, gli esordi del marchio Costume National furono salutati dal favore di buyer e stampa internazionali e il New York Times definì la sua moda “un nuovo modernismo cool e chic”. Negli anni trascorsi in Giappone il giovane diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Milano era diventato un professionista formatosi sul campo, nel leggendario ufficio stile di Yoshi Yamamoto.  In “Un mondo nuovo”, edito da Bompiani, l’ormai cinquantenne e affermato Ennio Capasa torna indietro col tempo e racconta proprio l’origine della sua formazione.

 

Come mai ha deciso di scrivere “Un mondo nuovo”?

Qualche tempo fa ho ricevuto una mail dalla mamma di Yohji Yamamoto in cui mi chiedeva di ricordare gli anni trascorsi in Giappone insieme a loro. Così ho iniziato a raccogliere i ricordi, ad annotare dei piccoli appunti che sono diventati un vero romanzo. Questo libro non è solo un libro sulla moda, ma un vero romanzo di formazione che racconta le avventure di un ragazzo.

 

Al centro del racconto c’è la sua esperienza in Giappone: cosa l’aveva spinta a partire? E cosa a fare ritorno in Italia?

Credo che la decisione di partire sia nata da un’esigenza, nel mio inconscio mi spingeva il bisogno di vivere un’avventura diversa, di scoprire il nuovo e confrontarmi con esso, di formarmi attraverso delle esperienze significative. Dopo quattro anni la scelta di tornare era più che naturale, le mie radici sono profondamente italiane e mi sento profondamente legato alla mia terra, così arricchito il mio bagaglio era tempo di rientrare a casa ed iniziare una nuova avventura.

Qual è il più grande insegnamento che le ha trasmesso Yamamoto?

Ho imparato la disciplina nel lavoro, l’atteggiamento dei giapponesi è profondamente diverso dal nostro, noi siamo più emozionali. E poi ho appreso la tecnica della couture che in Italia si era smarrita, nello studio di Yamamoto sembrava di essere in un vecchio atelier, dai bozzetti si passava alla realizzazione dei capi. Questa è un’esperienza formativa che consiglio di vivere a tutti i giovani che vogliono intraprendere questa strada.

Che sensazioni ha provato nel ripercorrere e raccontare la sua storia?

Le emozioni che ho vissuto in quegli anni sono rimaste con me e mi accompagnano nella vita e nel lavoro, ho cercato di trasmetterle al lettore. Per tale ragione ho deciso di dare un preciso ritmo al racconto, la struttura del libro è composta da 80 microstorie delimitate nel tempo e nello spazio.

Qual è la sua idea di un mondo nuovo?

Il Giappone di allora per me era davvero un mondo nuovo, una cultura sorprendente. Ho scelto questo titolo per il libro proprio perché guardare in avanti nella vita significa migliorarsi costruendo un mondo nuovo. Un mondo che va costruito sperimentando, partendo dal grande patrimonio rappresentato dalle nostre radici ed esplorando tutte le nuove possibilità che ci offrono, in questo momento più che mai.